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Cambio destinazione d’uso

09/07/2023

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile viene richiesto quando si decide di modificare lo scopo e la funzione di un edificio. La pratica deve seguire un preciso iter, che parte con la richiesta dell’autorizzazione del Comune a livello urbanistico e termina con l’aggiornamento catastale. 

La normativa di riferimento che regola questo procedimento è il DPR n.380/2001 (Testo unico dell’edilizia, TU), ed in particolare l’art. 23-ter (articolo introdotto dall’art. 17, comma 1, lettera n), legge n. 164 del 2014 SBLOCCA ITALIA) che ha introdotto il concetto di ‘mutamento d’uso urbanisticamente rilevante’ e che va applicato insieme all’art. 3 – articolo relativo alla definizione degli interventi edilizi – ed agli artt. 6, 10, 22 e 23 relativi ai titoli abilitativi necessari per realizzare i vari interventi.

‘Novità’ dell’art. 23-ter sono anche le categorie funzionali, di seguito elencate:
– residenziale;
– turistico-ricettiva;
– produttiva e direzionale;
– commerciale;
– rurale.

Due sono i casi che possono presentarsi:
Caso A
Il cambiamento di destinazione d’uso avviene all’interno della stessa categoria funzionale. Ad esempio da albergo in una residenza turistico alberghiera (RTA). Si tratta del cambio di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevante. Esso è sempre consentito, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e/o degli strumenti urbanistici comunali.

Caso B
Il cambio di destinazione d’uso richiede il passaggio da una categoria funzionale all’altra. Ad esempio da deposito ad abitazione. Si tratta del cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. In questo caso il ‘passaggio’ è consentito se sono rispettati gli aspetti urbanistici e le principali norme igienico-sanitarie.

Nel caso A non c’è un aumento della domanda di carico urbanistico, al contrario, nel caso B sì.

Ad esempio, la trasformazione di un deposito in un negozio rientra nel caso A, perché entrambi appartenenti alla categoria funzionale commerciale. Il passaggio da deposito a residenza, al contrario, rientra del caso B, perché le due destinazioni appartengono a categorie funzionali diversi, a quella commerciale il deposito, mentre a quella residenziale la seconda.

Il cambiamento della destinazione d’uso di un immobile, sia esso urbanisticamente rilevante o meno, può essere realizzato con o senza opere.

Di seguito uno schema riassuntivo circa i regimi amministrativi e i titoli abilitativi:

SCIA: cambio d’uso senza opere e all’interno della stessa categoria funzionale omogenea;
Permesso di Costruire: modifiche di destinazione tra categorie funzionali diverse;

Permesso di Costruire: modifiche di destinazione d’uso anche nella stessa categoria qualora situato in zone omogenee A (es. Centri storici).

Se il cambio avviene nella stessa categoria, da pub a ristorante, è possibile utilizzare la CILA Comunicazione Inizio Lavori Asseverata. Questo snellimento è stato introdotto dal DL Semplificazioni 2020.

Il cambio d’uso all’interno della stessa categoria è invece sempre ammesso.

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A seconda del tipo di destinazione d’uso, bisognerà rispettare precise prescrizioni igienico- sanitarie.  A titolo di esempio, gli ambienti residenziali devono rispettare delle superfici minime (bagno principale minimo 2,5 mq etc.) e i rapporti aero-illuminanti (cioè il rapporto tra le superfici finestrate e quelle dei locali)

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Cambiare la destinazione d’uso di un locale dalla categoria catastale C1 (locali commerciali e artigianali) alla categoria C2 (deposito) implica l’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione al Comune?

Considerato che, in linea generale, l’attività di deposito e/o di magazzino produce ricchezza sul ricovero e sullo spostamento di oggetti/merci e non sulla loro creazione o produzione, la destinazione a deposito è ricondotta alla categoria funzionale “commerciale” di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001. Al riguardo, dato che il locale presenta una categoria catastale C1 (che corrisponde a “negozi e botteghe”), tale destinazione rientra anch’essa nella categoria funzionale “commerciale” di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001. Alla luce delle suddette considerazioni  il cambio di destinazione d’uso prospettato può essere qualificato come cambio di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale (commerciale). Di conseguenza, gli oneri di urbanizzazione non sono dovuti. Peraltro, il mutamento di destinazione d’uso da negozio a deposito (o magazzino) non pare comportare un incremento del carico urbanistico rispetto alla destinazione originaria.

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Successivamente alla presentazione della partaica sarà necessario effettuare una comunicazione di variazione anche dal punto di vista catastale (aggiornamento). Tutto questo comporterà una modifica della rendita e della categoria, quindi differenti tasse da pagare (Imu, Tari, etc.)

Infine, prima di passare al nuovo utilizzo dell’immobile, bisognerà depositare al Comune il Certificato di Agibilità, a cui andranno allegati i certificati d’impianto etc. Quindi, per ottenere il passaggio, tutti gli impianti dovranno essere conformi alle normative in vigore.

Ultima modifica: 9 Luglio 2023 alle 15:47

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